Le "poesie in rima" hanno caratterizzato la letteratura italiana sin dalle origini. E sicuramente fino al Rinascimento, quando per la prima volta ha fatto finalmente capolino nel panorama poetico il verso sciolto. Fino a questa rivoluzione poetica, infatti, la rima è stata quasi unanimemente riconosciuta come l'elemento caratterizzante la nostra poesia.
Ma cos'è esattamente la rima? Non è altro che quell'identità di suono che si ha in due parole, nella parte finale di esse. Per essere più precisi, dall'accento tonico in poi. Ovviamente, perché si possa parlare di "rima", le due parole rimanti devono trovarsi alla fine di due versi, che all'interno della poesia non siano troppo distanti tra loro.
Per capire meglio cosa sia la rima, possiamo esaminarne alcune forme. Passiamo quindi in rassegna le principali strutture in base alle quali può essere classificata.
Un primo tipo può essere individuato distinguendo fra poesie in rima perfetta, dove le parole terminano in modo esattamente identico (ad esempio: intorno-contorno) e poesie in rima imperfetta, in cui l'identità non è assoluta. Più precisamente, di quest'ultimo esistono due varianti: la consonanza, caratterizzata dalla presenza di consonanti uguali ma vocali diverse (come dare-odore) e l'assonanza con vocali uguali e consonanti diverse (per esempio passare-sale).
Una seconda classificazione distingue invece fra rima piana dove l'accento si trova sulla penultima sillaba del verso), rime sdrucciole nelle quali l'accento si trova sulla terzultima sillaba) e rima tronca che presenta l'accento sull'ultima sillaba).
Si parla poi di rima ricca quando l'identità si estende alla consonante che precede la vocale tonica. Lo è anche la cosiddetta rima leonina.
Esistono anche casi in cui la rima consiste nella ripetizione dell'intera parola. Questo si ha solitamente nella sestina, dove le sei parole (chiamate parole-rima) che chiudono i versi della prima stanza, si ripetono anche nelle successive cinque stanze, nonché nel commiato.
Si parla infine di rima equivoca, quando le parole rimanti sono omofone: ad esempio si fa rimare il sostantivo "porta", con "egli porta".
Infine c'è la classificazione più conosciuta. In essa si parla di:
Cadon le gocce nel buio silente
siccome le note che formano un canto
la terra trasformano in specchio lucente
così tutti gli astri accompagnano il pianto
Cos'è l'endecasillabo?
Ecco i segreti di una delle
forme stilistiche più usate
nella poesia italiana